Mi è sempre capitato, quando correggevo dei testi, di farlo diverse volte, ed a ogni rilettura scoprire qualche nuova imperfezione che la volta precedente era passata, per così dire, inosservata. Piccole cose, nulla di eclatante, ma per coglierle mi era necessaria concentrazione su ogni parola...
Un ricercatore, Graham Rawlinson, ha davvero sostenuto in una lettera spedita al New Scientist questa posizione, esplicitata dalla divertente figura qui sopra (potete leggere la lettera qui)
Il messaggio, come spesso accade in questi casi, dice una mezza verità ed alcune grossolane menzogne... Nello specifico è evidente che sostenere che il nostro cervello ignori l'ordine e la disposizione delle lettere centrali è palesemente falso, altrimenti sarebbe, solo per fare un esempio, impossibile distinguere tra pARto e pRAto.
Invece è assolutamente vero che siamo in grado di dedurre le parole dagli indizi, dal contesto, da tutta una serie di elementi che non sono semplicemente l'ortografia della parola scritta, meccanismo che ci permette di "tradurre" una calligrafia poco comprensibile e che ci rende così complicato accorgerci di alcuni errori e refusi. Il cervello lavora in parallelo, i buchi informativi vengono riempiti, la comprensione quindi avviene con un meccanismo di istantanea correzione "passo passo" degli errori. Se non avessimo meccanismi come questi, se ogni refuso inceppasse la nostra lettura e se ogni disgrafia fosse un ostacolo alla comprensione, la comunicazione scritta sarebbe gravemente compromessa.
Qiudni la prsosmia votla ridorcaimoci che un poiclco erorre non cmabia la sotsanza...
8 commenti:
Ah, ne so qualcosa di errori che saltano fuori alla terza rilettura...
E le inferenze sono un argomento muy interessante! Anche per quanto riguarda l'aspetto visivo: da quale effettivo elemento riconosco una persona familiare? Perchè ci sono alcuni elementi che hanno più salienza degli altri?
Per esempio se prendi l'immagine di una tazza e ci togli le linee che si intersecano (come l'impugnatura del manico) un osservatore esterno farà più fatica a capire l'oggetto. Se togli tutte le altre e lasci le intersecazioni sarà molto più facile.
(sarebbe anche più facile spiegarlo con un disegno, ma qui non se po' fa').
Da qui potremmo arrivare a chiacchierare amabilmente delle inferenze nella vita reale, per esempio: se dico che ieri sera sono andata in pizzeria, che ho incontrato alcuni amici, che il nostro tavolo era accanto alla finestra, che la birra era in bottiglia, che il caffè era decaffeinato, che il cameriere ci ha offerto una grappa, che il locale era carino ma faceva molto caldo, che c'erano delle cartoline curiose appese sopra il registratore di cassa, che quando abbiamo preso i cappotti e siamo usciti faceva freddo, sembra tutto occhei: ma ecco le domande:
io ho preso o no la pizza?
io o mangiato o no con i miei amici?
io ho preso o no il caffè?
io ho pagato o no il conto?
Non dico nessuna di queste cose, ma leggendole uno le dà per scontate. In realtà: ho incontrato gli amici che uscivano dal locale, ho preso un'insalata e un'acqua minerale.
Inoltre faccio pubblicità: fai un salto sul blog della Giulia e guardati il filmato della ninna nanna Yiddish, è S-P-L-E-N-D-I-D-O.
mah arvà achne rgaoine ydosoky ma secnodo me sei e rseti un prila. eheheh.
Caro Zimisce, sappi che per questa tua uscita la mia mammina ti avrebbe definito "Baul".
E sappi che inferenze e salienza sono utilissime se usate come si deve. Parecchi miei voti agli esami più cazzuti sono stati dovuti all'aver sostenuto l'esame con una finta ferita alla mano, sfruttando il concetto di "salienza": un elemento particolare che distingue un soggetto da un altro fa percepire la prova del soggetto come "più positiva" o "più negativa" anche se in realtà si discosta di poco dalle altre.
Saper sfruttare la psicologia serve. Per esempio, non chiedendo di fare una domanda ma di avere un'informazione.
Ehehehhhehhe.
Per Yod: Tutto vero, la psicologia nell'interazione tra persone è fondamentale.
Io riconduco la questione in parte anche al mondo della paraeidolie, quel fenomeno per cui il nostro cervello cerca costantemente di riportare a qualcosa di conosciuto le percezioni.
Da qui la capacità di riconoscere forme di oggetti o persino volti nelle nuvole, la sensazione di sentire voci immerse nei ronzii dei disturbi radio, scorgere volti sulla superficie lunare, leggere parole in un coacervo di lettere.
In generale la simmetria con il mondo delle inferenze propriamente dette è che il nostro cervello riempie costantemente le informazioni mancanti con quelle prese dal contesto, funzioniamo così per tutto, da quello che vediamo a quello che ricordiamo. Il nostro cervello procede per continue compensazioni delle informazioni mancanti e continue correzioni di errori.
Questo ogni tanto ci fa cadere in errore, ma di solito è un meccanismo eccellente.
@Zim: Petse ti ingocla...
Un errore spassoso era il volto di cristo apparso su un muro non mi ricordo dove, che solo dopo si è scoperto essere in realtà un vecchio ritratto del Che fatto a spray e ricoperto da uno strato di calce che si andava sfaldando. L'ho trovato quasi poetico.
Succede anche a me la stessa cosa: la correzione, per essere buona, andrebbe fatta almeno due volte. Di solito correggo i testi dei miei alunni in brutta a e poi, nella bella, trovo errori ricopiati che mi sono sfuggiti. I dislessici e i bambini più piccoli ricorrono al riconoscimento sommario ancor più di chi legge senza difficoltà e spesso ci azzeccano, anche se con un margine di errore superiore.
Anche nelle non-parole che compaiono sotto il commento per convalidarlo capita qualche volta di leggere cose sensate.
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