sabato 29 novembre 2008

novant'anni dopo

Iconografie mutevoli.











martedì 25 novembre 2008

Il Nobel? Questione di punto di Vista.












Quest'uomo, che possiamo vedere in due versioni, come lui si vede (e si pubblica nel proprio sito autobiografico) grazie, immagino ad un poderoso specchio incantato che tiene nel suo maniero, e come invece lo vediamo tutti, attraverso l'obiettivo di qualsiasi macchina fotografica; l'altro giorno ha rivelato finalmente il grande sbaglio della sua vita.

Quello di non aver vinto il NOBEL.
E sì, perchè lui (versione sulla sinistra) era uno dei papabili, uno che avrebbe potuto farcela, uno votato alla vittoria del Nobel per l'economia, ma la maledetta politica si è messa come un bastone tra le ruote della sua storia accademica sbarrandogli la strada.



Il nostro cita a sostegno di questa convinzione di potenzialità un articolo di Ricardo Franco Levi, della fine degli anni '80, dedicato ai "futuri Nobel", che lo citerebbe al fianco di Alesina, Nicola Rossi e Giavazzi.
L'ego prorompente del ministro fa sì che l'articolo stesso sia disponibile sul suo sito autobiografico, leggibile, seppure non proprio ben conservato (probabilmente del corriere del 7 febbraio 1990).

Provo a dare un occhiata, vi confesso un po' angosciato, a quella che suppongo essere un'ode al ministretto nostrano, ma un po' sospettoso che la lettura dell'articolo sia stata, per così dire, "ottimistica".

Prima di tutto il titolo dell'articolo non è dedicato ai Futuri Nobel, ma ai "Keynes di domani", errore tutto sommato veniale.


Se non fosse che nell'articolo la parola Nobel è accostata al solo Alesina, non agli altri.
Inoltre nel testo si parla di una decina di Economisti Italiani (giovanissimi al tempo) e ne sono citati più di venti per essere promettenti accademici.
La forma in cui invece compare Brunetta non è quella dell'accademico avviato verso il prestigio massimo dello studioso... Ma quello del giovane economista che conterà in ambito politico...
Ovvero, per dirla con le parole di Levi:


Quindi grande merito a Levi che ha centrato nel 1990 il nome di due dei ministri delle finanze dell'era Berlusconi (Tremonti non compare, porello, escluso), mentre di Nobel a Brunetta, per fortuna, messo da parte lo specchio magico, non se ne parla proprio, nè oggi, nè nel '90.

sabato 22 novembre 2008

L'usignolo senza talento

note biografiche sulla vita della famigerata soprano Foster

C'è stato un tempo in cui non c'era mai stato il punk con il suo portato idiosincrasico verso la tecnica come mezzo di valutazione dell'artista ("Fanculo qualsiasi tecnica, ciò che importa è l'anima di chi suona e non la qualità dello strumento." G.L.Ferretti).
Un tempo in cui non c'era il rock, e "trash" non era alcun genere codificato. Un tempo in cui la lirica dominava le scene concertistiche, nel bene e, ovviamente, nel male.

Inizi del secolo americano, east coast, Pennsylvania.

Questa è la storia di una donna facoltosa, ma profondamente insoddisfatta, si chiamava Florence Foster. Voleva cantare, calcando i palchi di legno cigolante degli stati uniti di fine ottocento, ma gli ostacoli di una famiglia tradizionale e le responsabilità di un matrimonio combinato le imponevano di rinunciare e dedicarsi all'insegnamento.

Ma Florence non ci sta a ridimensionare i suoi sogni, e come nella miglior tradizione della "american way", prende in mano il proprio destino, lascia il marito e un giorno, dopo la morte del padre, prende un bel gruzzolo di soldi ereditati e comincia ad investirli per fondare club musicali e finanziare anche la propria vita artistica, affittando teatri e interi complessi.

Il classico sogno americano dunque? La cenerentola della lirica?
Non proprio. Purtroppo Florence è scarsa.
Davvero scarsa. Sembra non essere in grado di reggere una nota, tantomeno di sostenere l'interpretazione di opere di Verdi, Mozart o Strauss come si affanna a fare... Eppure, nonostante il letterale inferno che la critica le scatena contro, nonostante i suoi accompagnatori debbano farsi in quattro per seguire le sue continue frammentazioni irrispettose del ritmo, nonostante tutto questo il pubblico è FELICE, RIDE ed applaude...

E Florence Foster Jenkins diventava famosa, sempre più famosa.
Lei, perennemente convinta delle proprie doti canore, non si lasciava turbare dall'oceano di contumelie che le venivano lanciate addosso dai critici sui giornali. Il "suo" pubblico, fatto di frequentatori di club e di ottimi borghesi come lei, la apprezzava, si divertiva, si congratulava alla fine delle sue performance canore.



Di lei è rimasta qualche registrazione. Che inevitabilmente ci fa stare dalla parte della critica.
La carica di involontaria comicità, il paradosso reso, per chi ha letto TinTin, nel pensiero di una Bianca Castafiore che, in carne ed ossa si vanti di essere un eccelso soprano, sono componenti basilari per capire questo personaggio che strenuamente ha sempre difeso, per tutta la propria vita, la sua supposta valenza artistica nel campo della lirica.

La prima icona trash della storia si esibì in decine di club musicali e persino, in quel gran finale che ogni opera, ogni reality, ogni grandiosa epopea merita, nell'acme scenico della Carnegie Hall, il tempio lirico della 7.ma avenue newyorkese, il palco di Rachmaninov, di Richard Strauss, di Schönberg...

La grande esibizione ebbe luogo il 25 Ottobre del 1944, lei ormai più che settantenne, in un clima da "tutto esaurito", un teatro stracolmo ed una prova degna della sua tradizione, un succedersi ininterrotto di strida, gridolini, acuti irragionevoli, stonature e graffi sonori felini...
Pubblico pronto a spellarsi le mani e critici che dardeggiavano strali da taccuini infervorati.
Stonature a prova di orecchi inesperti o distratti.

Un mese dopo, il 26 Novembre 1944, Florence morì.
L'incapacità lirica aveva rotto il tabù del tempio americano della buona musica, l'ingenuità semplicistica di un nuovo modo di fare spettacolo, che riduce tutto ad uno schema che contrappone noia a divertimento, gettava il suo primo seme.
Non sappiamo se la Foster morì per lo sconvolgimento interiore portato da una critica mai così feroce, o se abbia per la prima volta sentito le risa del pubblico oltre agli applausi. Possiamo immaginare però, con un pizzico di tenerezza, che la sua ingenua convinzione di essere una grande stella non sia stata infranta, e che fino al trapasso lei abbia avuto l'ostinata, quasi fanciullesca, sicurezza interiore, di aver servito la lirica, secondo il suo paradossale motto "People may say I can't sing, but no one can ever say I didn't sing."


Due album musicali con tracce d'epoca, un musical, citazioni nel mondo del cinema... L'immortalità, anche se non proprio come la voleva lei.

La società dello spettacolo deve qualcosa a questa donna.

P.S: Al tempo non esisteva (ancora) la televisione, altrimenti Florence sarebbe andata in prima TV, ed Aldo Grasso sul corriere della sera ci avrebbe detto che questa, in fondo, è buona televisione.

Ciao Compagno.


Le guerre lunghe logorano anche i combattenti più tenaci.


mercoledì 5 novembre 2008

Quattro anni dopo.

Decisamente sono state entrambe due lunghe notti...

Ora, cambiati i colori sulla lavagna, rimangono da cambiare le cose.


E di solito non è la parte più facile.
Per adesso ha fatto piangere (dall'emozione, suppongo) Jesse Jackson.

martedì 4 novembre 2008

Investimenti Elettorali




Una manciata di ore e da una costa all'altra del "nuovo continente" il fruscio delle schede, ma soprattutto lo schioccare dei tasti delle macchine elettroniche inizierà a risuonare.
Ultime ore per i dibattiti, per i colpi bassi, per convincere quell'incredibile percentuale di indecisi cronici a cui non è bastata una campagna elettorale durata 18 mesi buoni per prendere una decisione.
Ohio e Pennsylvania cosa ne penseranno del candidato nero un po' snob che gli presenta il partito dell'asinello? E i vecchi della Florida? Ecco il classico dibattito sugli stati in bilico... Appassionante ma sterile...


Quindi, essendo inutile stressarsi pensando a quanto i ragazzi a stellestrisce tradiranno le aspettative del resto del mondo votando con il basso ventre piuttosto che con l'emisfero dominante, Mi sono dedicato a qualcosa di faceto: ho scoperto che una casa di fumetti, precisamente la IDW Publishing ha prodotto albi di propaganda per ambo i candidati, delle biografie a fumetti dai toni agiografici che fanno risplendere le imprese del reduce e del ragazzo di colore.

Ho comprato l'albo di Obama: 3 dollari e 99 cent.
La vita difficile, le litigate ai tempi del college, il periodo da capellone anni '70, la grande dirittura etica, la solidità del suo matrimonio, le difficoltà della politica, il grande sogno delle primarie... In poche pagine una cavalcata di speranza.

Cavolo da noi il fumetto nessuno lo ha mai fatto prima.
Silvio mi pare avesse inaugurato l'era del fotoromanzo.
Comunque lo considero un investimento.
Speriamo che il ragazzo vinca...
Anche perchè penso che la biografia a fumetti di un perdente non valga molto.

Leggereste la vita a fumetti di Dukakis per caso?

domenica 2 novembre 2008

Storie di Regicidi Mancati

Qualche tempo fa girando nella città di M. mi sono chiesto chi fosse l'Oberdan della piccola via centrale omonima, fonte di particolare attenzione perchè coinvolta nei cambiamenti dei sensi unici. A volte la toponomastica suscita curiosità, credo che in effetti sia lo scopo stesso del toponimo viario, quello di serbare traccia, per quanto piccola, della persona il cui nome sta vergato a lettere nere su sfondo bianco.

Guglielmo Oberdan.
Un Austro - Veneto - Sloveno irredentista e patriota, così dice wikipedia... Tralasciando i dolori addominali che l'uso della parola "patriota" mi provoca istantaneamente, ho comunque deciso di approfondire la figura dell'Oberdan... Anche perchè a Trieste gli è stata intitolata oltre alla piazza sede della regione FVG, anche una scuola, e gli è stato dedicato un monumento nel museo del Risorgimento... Deve essere stato uno importante, questo Oberdan.
La farò breve, comunque.
L'Oberdan passa la sua gioventù a Trieste, figlio di una ragazza madre Slovena, abbandonata da un ufficiale austro - veneto, mantiene il cognome di lei, Oberdank, che poi italianizzerà una volta maturate le idee filo-italiane.
Diserta dall'esercito Austriaco all'età di 19 anni e si trasferisce al di là del confine, in Italia.

La sua grossa opera al servizio dei movimenti irridentisti è l'aver organizzato un attentato contro l'Imperatore Francesco Giuseppe d'Austria, nel settembre del 1882. Attentato miseramente fallito, che però costa la vita a due giovani, di cui un sedicenne, tra gli inermi spettatori triestini. Per i fatti viene arrestato a Ronchi, condannato per regicidio e impiccato a Trieste il 20 Dicembre di quello stesso anno, si dice concluda la sua vita urlando "Viva l'Italia, Viva Trieste Libera".

Mettiamo via le notazioni morali sul considerare grande patriota un semplice attentatore anche incapace di portare a termine il suo compito... E dire che in quegli anni i regicidi non erano certo pochi, sia l'imperatrice Sissi sia il Re d'Italia Umberto I, che il presidente di Francia Carnot caddero vittima di regicidio da parte di tre anarchici Italiani, Lucheni, Bresci e Caserio (a cui non credo siano state titolate tutte 'ste vie, tranne su cartelli cartacei messi nottetempo da anonimi attorno al 29 luglio). Poi abbiamo già ricordato anche in questo blog la lunga tradizione di regicidi della terra Serba... Insomma diciamo che erano anni in cui l'attentato al capo di stato non era poi così occasionale...

C'è però una cosa importante da notare del 1882, che forse non viene in mente immediatamente. Nel Settembre del 1882 l'Italia e l'Austria erano Alleate. ALLEATE.
Nella triplice alleanza, e lo sarebbero state ancora per diversi anni. Insomma: una via dedicata ad un attentatore che in tempo di pace tentò di uccidere il sovrano di una nazione alleata, fallendo. Non c'è che dire...


Una canzone popolare, il cosiddetto "Inno a Oberdan" celebra l'attentatore con alcuni versi:


 Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!

Le bome, le bombe all'Orsini,
il pugnale, il pugnale alla mano;
a morte l'austriaco sovrano,
noi vogliamo la libertà.

Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!

Vogliamo formare una lapide
di pietra garibaldina;
a morte l'austriaca gallina,
noi vogliamo la libertà.

Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!

Vogliamo spezzar sotto i piedi
l'austriaca odiata catena;
a morte gli Asburgo Lorena,
noi vogliamo la libertà.

Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!



Nella canzone si parla delle bombe fatte alla maniera di Orsini, ovvero degli apparecchi esplosivi artigianali ricolmi di chiodi e frammenti di metallo, grandi classici degli attentati insurrezionalisti dell'800.
Ma questo Felice Orsini? Altro grande componente di quella sfilza di Italiani che giravano per l'europa assassinando gente importante nel corso del secolo decimonono. Orsini tentò di uccidere nel 1858 Napoleone III, poichè lo accusava di aver impedito la realizzazione dei Moti del '48. Fallì, venne incarcerato e ghigliottinato ma divenne famosissimo ed apprezzato in Patria...
L'anno dopo Napoleone III aiutò l'Italia nella guerra Austro-Franco-Piemontese del 1859. Adesso al signor Orsini, quasi-regicida e patriota, sono dedicate vie e piazze in mezz'Italia.

Insomma, anche i regicidi non sono tutti uguali.