- Ciao Michele, sono Simone, sono cattolico, siamo tutti cattolici e ti vogliamo conoscere tutti. Tu la pensi come noi, siamo molto simili! Tu come ti definiresti?
- Mi ricordo... ateo e materialist...
(Palombella Rossa, 1989)
"Era un manoscritto spagnolo. Conoscevo pochissimo di quella lingua, ma ne sapevo abbastanza per capire che poteva trattarsi di un libro divertente, vi si parlava di briganti, di spettri, di cabalisti, e nulla più della lettura di un romanzo bizzarro era adatto a distrarmi dalle fatiche della campagna militare. Convinto che non sarebbe più tornato dal legittimo proprietario, non esitai a impadronirmene." J.P.
Gomorra è un film gelido.
Pulito come raramente sanno essere i film italici.
Non c'è solo il libro, dentro, ed è una fortuna, le pedisseque derivazioni infatti spesso producono accidia.
Si intrecciano narrazioni, in un processo lento, senza gli estetismi d'azione dei modelli americani, e senza nemmeno le introspezioni annose care a un certo manierismo europeo.
Parlare bene di un film che ha vinto il premio della giuria è facile ed al contempo noioso.
Andare a vedere Gomorra è come subire una lacerante visione documentaristica, attraverso una Scampia tremendamente reale, popolata di una folla quasi neorealista, che è un epicentro narrativo oltre che scenografico.
Nel film, come nel quartiere, non troviamo salvezza o speranza, ed ogni traccia di umanità è solo riflesso di fragilità interiori irrisolte, mai fonte di redenzione, nemmeno personale.
Non ci sono Dei, a Gomorra.
Paura declinata nell'addestramento dei “soldati” di Gomorra, che già bambini si sottopongono al giudizio delle armi, che vivono sospesi, che alla paura reagiscono contabilizzando i futuri cadaveri da accumulare nelle file avverse.
C'è la sfacciata tracotanza degli emuli di Tony Montana, predestinati sin dall'inizio a quella che uno dei due dichiara sarà una morte precoce.
Nella guerra di Gomorra c'è anche la paura dei i “civili”, i non armati, quelli inadatti a respirare davanti alla canna di una pistola. Delle donne che vivono nell'ombra del sistema, dei piccoli ragionieri, dei bambini cresciuti troppo in fretta.
L'altro presidio alchemico della poetica Aristotelica, la Compassione, invece non trova spazio nella città condannata. Né tra i protagonisti né per essi.
Ci rendiamo conto infine di non assistere ad una tragedia messa in scena, ma all'ordinarietà di quel sistema, quel luogo alieno eppure consciamente reale, che vogliamo chiamare Gomorra.