giovedì 29 maggio 2008

Con lo Zolfo e col Fuoco

"Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, Io scenderò e vedrò se hanno veramente agito secondo il grido che è giunto fino a me; e, se così non è, lo saprò"

Gomorra è un film gelido.

Pulito come raramente sanno essere i film italici.

Non c'è solo il libro, dentro, ed è una fortuna, le pedisseque derivazioni infatti spesso producono accidia.

Si intrecciano narrazioni, in un processo lento, senza gli estetismi d'azione dei modelli americani, e senza nemmeno le introspezioni annose care a un certo manierismo europeo.

Parlare bene di un film che ha vinto il premio della giuria è facile ed al contempo noioso.

Eppure il compito difficile di Gomorra era duplice: ritrarre in un film la deviante violenza del crimine organizzato, sfiorando l'essenza della struttura del sistema e nel contempo non produrre cicli “antieroici”.


Andare a vedere Gomorra è come subire una lacerante visione documentaristica, attraverso una Scampia tremendamente reale, popolata di una folla quasi neorealista, che è un epicentro narrativo oltre che scenografico.


Nel film, come nel quartiere, non troviamo salvezza o speranza, ed ogni traccia di umanità è solo riflesso di fragilità interiori irrisolte, mai fonte di redenzione, nemmeno personale.

Non ci sono Dei, a Gomorra.


Un mondo separato da quello della (nostra) quotidianità, nel quale i ritmi, i legami, i luoghi, sono dominati da uno degli ingredienti della tragedia Aristotelica. La Paura.

Paura declinata nell'addestramento dei “soldati” di Gomorra, che già bambini si sottopongono al giudizio delle armi, che vivono sospesi, che alla paura reagiscono contabilizzando i futuri cadaveri da accumulare nelle file avverse.

C'è la sfacciata tracotanza degli emuli di Tony Montana, predestinati sin dall'inizio a quella che uno dei due dichiara sarà una morte precoce.

Nella guerra di Gomorra c'è anche la paura dei i “civili”, i non armati, quelli inadatti a respirare davanti alla canna di una pistola. Delle donne che vivono nell'ombra del sistema, dei piccoli ragionieri, dei bambini cresciuti troppo in fretta.


L'altro presidio alchemico della poetica Aristotelica, la Compassione, invece non trova spazio nella città condannata. Né tra i protagonisti né per essi.


Ci rendiamo conto infine di non assistere ad una tragedia messa in scena, ma all'ordinarietà di quel sistema, quel luogo alieno eppure consciamente reale, che vogliamo chiamare Gomorra.


3 commenti:

tic. ha detto...

Andrò a vederlo.

Una bella recensione del film anche in http://giovanecinefilo.splinder.com/
e poi in http://leonardo.blogspot.com/

Ciau da
tic

Adespoto ha detto...

Il film merita, assicuro, con un particolare apprezzamento per l'atmosfera sonora. Quasi fastidiosa, ma di quel fastidio che è scelta, programmazione, stile.

P.S: Recensioni preziose, nonchè link in più per il mio firefox.

A presto.

Zimisce ha detto...

Ehm io non andrò a vederlo temo!