sabato 22 novembre 2008

L'usignolo senza talento

note biografiche sulla vita della famigerata soprano Foster

C'è stato un tempo in cui non c'era mai stato il punk con il suo portato idiosincrasico verso la tecnica come mezzo di valutazione dell'artista ("Fanculo qualsiasi tecnica, ciò che importa è l'anima di chi suona e non la qualità dello strumento." G.L.Ferretti).
Un tempo in cui non c'era il rock, e "trash" non era alcun genere codificato. Un tempo in cui la lirica dominava le scene concertistiche, nel bene e, ovviamente, nel male.

Inizi del secolo americano, east coast, Pennsylvania.

Questa è la storia di una donna facoltosa, ma profondamente insoddisfatta, si chiamava Florence Foster. Voleva cantare, calcando i palchi di legno cigolante degli stati uniti di fine ottocento, ma gli ostacoli di una famiglia tradizionale e le responsabilità di un matrimonio combinato le imponevano di rinunciare e dedicarsi all'insegnamento.

Ma Florence non ci sta a ridimensionare i suoi sogni, e come nella miglior tradizione della "american way", prende in mano il proprio destino, lascia il marito e un giorno, dopo la morte del padre, prende un bel gruzzolo di soldi ereditati e comincia ad investirli per fondare club musicali e finanziare anche la propria vita artistica, affittando teatri e interi complessi.

Il classico sogno americano dunque? La cenerentola della lirica?
Non proprio. Purtroppo Florence è scarsa.
Davvero scarsa. Sembra non essere in grado di reggere una nota, tantomeno di sostenere l'interpretazione di opere di Verdi, Mozart o Strauss come si affanna a fare... Eppure, nonostante il letterale inferno che la critica le scatena contro, nonostante i suoi accompagnatori debbano farsi in quattro per seguire le sue continue frammentazioni irrispettose del ritmo, nonostante tutto questo il pubblico è FELICE, RIDE ed applaude...

E Florence Foster Jenkins diventava famosa, sempre più famosa.
Lei, perennemente convinta delle proprie doti canore, non si lasciava turbare dall'oceano di contumelie che le venivano lanciate addosso dai critici sui giornali. Il "suo" pubblico, fatto di frequentatori di club e di ottimi borghesi come lei, la apprezzava, si divertiva, si congratulava alla fine delle sue performance canore.



Di lei è rimasta qualche registrazione. Che inevitabilmente ci fa stare dalla parte della critica.
La carica di involontaria comicità, il paradosso reso, per chi ha letto TinTin, nel pensiero di una Bianca Castafiore che, in carne ed ossa si vanti di essere un eccelso soprano, sono componenti basilari per capire questo personaggio che strenuamente ha sempre difeso, per tutta la propria vita, la sua supposta valenza artistica nel campo della lirica.

La prima icona trash della storia si esibì in decine di club musicali e persino, in quel gran finale che ogni opera, ogni reality, ogni grandiosa epopea merita, nell'acme scenico della Carnegie Hall, il tempio lirico della 7.ma avenue newyorkese, il palco di Rachmaninov, di Richard Strauss, di Schönberg...

La grande esibizione ebbe luogo il 25 Ottobre del 1944, lei ormai più che settantenne, in un clima da "tutto esaurito", un teatro stracolmo ed una prova degna della sua tradizione, un succedersi ininterrotto di strida, gridolini, acuti irragionevoli, stonature e graffi sonori felini...
Pubblico pronto a spellarsi le mani e critici che dardeggiavano strali da taccuini infervorati.
Stonature a prova di orecchi inesperti o distratti.

Un mese dopo, il 26 Novembre 1944, Florence morì.
L'incapacità lirica aveva rotto il tabù del tempio americano della buona musica, l'ingenuità semplicistica di un nuovo modo di fare spettacolo, che riduce tutto ad uno schema che contrappone noia a divertimento, gettava il suo primo seme.
Non sappiamo se la Foster morì per lo sconvolgimento interiore portato da una critica mai così feroce, o se abbia per la prima volta sentito le risa del pubblico oltre agli applausi. Possiamo immaginare però, con un pizzico di tenerezza, che la sua ingenua convinzione di essere una grande stella non sia stata infranta, e che fino al trapasso lei abbia avuto l'ostinata, quasi fanciullesca, sicurezza interiore, di aver servito la lirica, secondo il suo paradossale motto "People may say I can't sing, but no one can ever say I didn't sing."


Due album musicali con tracce d'epoca, un musical, citazioni nel mondo del cinema... L'immortalità, anche se non proprio come la voleva lei.

La società dello spettacolo deve qualcosa a questa donna.

P.S: Al tempo non esisteva (ancora) la televisione, altrimenti Florence sarebbe andata in prima TV, ed Aldo Grasso sul corriere della sera ci avrebbe detto che questa, in fondo, è buona televisione.

2 commenti:

Zimisce ha detto...

ma fantastica donna. io riiiiiiiiiiiiiiiiiiiiido nel vedermi così bella in questo specchio. povero professor girasole. gran post vecchio, bella trovata. e bella la vocina, pare un coro composto da mia nonna e mia madre assieme.

Adespoto ha detto...

Assolutamente incredibile...
Quando mi hanno parlato della sua interpretazione della "regina della notte", non potevo permettere che il suo nome fosse dimenticato!